Le diverse azioni del CBD nell’infezione da Covid-19

Un articolo recentemente pubblicato sulla rivista Frontiers in Immunology ha descritto il ruolo del cannabidiolo, una sostanza fitochimica presente nelle piante di Cannabis sativa, come potenziale inibitore dell’iperinfiammazione nell’infezione da coronavirus 2 della sindrome respiratoria acuta grave (SARS-CoV-2). Il composto è stato trovato per inibire la produzione di diverse citochine proinfiammatorie nelle cellule infettate dalla SARS-CoV-2.

Il genoma della SARS-CoV-2 codifica diverse proteine virali, tra cui la proteina spike, la proteasi principale virale, l’RNA polimerasi e l’endoribonucleasi per la riduzione dell’RNA. Mentre la proteina spike virale interagisce con l’enzima di conversione dell’angiotensina 2 (ACE2) sulla membrana della cellula ospite per iniziare l’ingresso virale, la proteasi principale è necessaria per scindere i polipeptidi virali e generare diverse subunità funzionali necessarie alla replicazione virale.

Gli studi hanno dimostrato che il cannabidiolo si lega alla proteasi principale della SARS-CoV-2 per bloccarne la trascrizione, che a sua volta inibisce la replicazione virale. Inoltre, si lega al recettore CB2 (recettore cannabinoide di tipo 2) e inibisce la secrezione dei macrofagi proinfiammatori nei polmoni. Così, il cannabidiolo può agire come un potenziale agente antivirale e antinfiammatorio.
Cannabidiolo e iperinfiammazione nell’infezione da SARS-CoV-2

Il cannabidiolo è noto per inibire la secrezione di citochine proinfiammatorie (IL-6 e TNF-alfa) riducendo l’attività dei fattori di trascrizione infiammatori, compresi AP-1 (proteina attivatrice 1, NFkB (fattore nucleare kappa B), e NFAT (fattore nucleare delle cellule T attivate). Inoltre, si è scoperto che il cannabidiolo induce la segnalazione dell’interferone durante l’infezione virale, portando all’attivazione del sistema immunitario dell’ospite e all’eliminazione precoce del virus.
Dati gli effetti antinfiammatori del cannabidiolo, gli scienziati hanno postulato che il composto può essere usato clinicamente per ridurre l’iperinfiammazione nei pazienti affetti da coronavirus 2019 (COVID-19). Nelle cellule di fibroblasti polmonari infettate da SARS-CoV-2, si è scoperto che il cannabidiolo sopprime la secrezione di diverse citochine e chemochine proinfiammatorie, tra cui COX-2, TNF-alfa, IL-6 e CCL2.

Il cannabidiolo come agente antivirale nell’infezione da SARS-CoV-2

 

Oltre alle proteine virali, il cannabidiolo può agire direttamente su alcune proteine dell’ospite responsabili dell’ingresso del virus, come l’ACE2 e la proteasi cellulare TMPRSS2. Il cannabidiolo in combinazione con altre sostanze fitochimiche, come il terpene e il 7-idrocannabidiolo, è stato trovato per sopprimere l’infezione da SARS-CoV-2 sia in studi in vitro che in vivo. Gli scienziati hanno identificato due possibili modi di azione del cannabidiolo responsabili della riduzione dell’iperinfiammazione nel COVID-19.
Cannabidiolo e PPARγ

La prima modalità d’azione è l’interazione del cannabidiolo con il peroxisome proliferator-activated receptor-gamma (PPARγ), che porta alla downregulation di diversi mediatori proinfiammatori, tra cui il toll-like receptor 4 (TLR-4), i membri della famiglia di Ras omologhi A-GTPase (RhoA-GTPase), il complesso inflammasoma (NLRP3), e la Caspasi-1.

PPARγ è un fattore di trascrizione coinvolto in molti processi fisiopatologici, tra cui la differenziazione cellulare, il metabolismo proteico e lipidico, la sensibilità all’insulina, la trasformazione neoplastica e l’infiammazione. L’attivazione di PPARγ nei macrofagi alveolari è stata trovata per ridurre l’infiammazione, controllare la secrezione di citochine, prevenire i danni ai tessuti e aumentare il processo di recupero dell’ospite. Quindi, il cannabidiolo come agonista PPARγ può essere usato terapeuticamente per limitare l’infiammazione polmonare e la fibrosi nei pazienti COVID-19.

Cannabidiolo e via WNT/ β-catenina

 

L’altra modalità d’azione del cannabidiolo potrebbe essere attraverso la sua interazione con PPARγ e la via WNT/ β-catenina. Nell’infezione da SARS-CoV-2, le vie PPARγ e WNT/ β-catenina sono state trovate interagire in modo opposto. Nelle lesioni polmonari indotte dalla sepsi, si verifica un’upregolazione della via WNT/ β-catenina, che porta alla fibrosi e all’infiammazione dei tessuti. La stimolazione della via WNT/ β-catenina da parte del fattore di crescita trasformante (TGF-β) è stata trovata per aumentare la fibrosi polmonare e l’infezione nei pazienti COVID-19.

In COVID-19, è stato anche osservato un crosstalk tra ACE2 e la via WNT/ β-catenina. Un’upregolazione dell’espressione di ACE2 e della segnalazione della via WNT/ β-catenina è associata a una maggiore infiammazione polmonare e al danno tissutale e a una cattiva prognosi della COVID-19. In modelli di ratto di lesioni indotte da ischemia/riperfusione renale, gli agonisti PPARγ hanno mostrato effetti benefici riducendo l’espressione di ACE2 e la segnalazione della via WNT/ β-catenina.
Conclusione

Nel complesso, è stato ipotizzato in questo studio che il cannabidiolo può essere usato clinicamente per prevenire l’iperinfiammazione e il danno al tessuto polmonare nei pazienti COVID-19. Si ipotizza che l’attivazione di PPARγ da parte del cannabidiolo sia un possibile meccanismo di riduzione dell’espressione di ACE2 e della segnalazione della via WNT/β-catenina, che collettivamente potrebbe migliorare i risultati clinici della COVID-19.

Gli studi che indagano il potenziale terapeutico del cannabidiolo nell’infezione da SARS-CoV-2 sono a livello preclinico. Dati i benefici osservati, gli scienziati sottolineano la necessità di studi clinici per indagare l’efficacia del cannabidiolo nel trattamento di routine dei pazienti con COVID-19.

Fonte: news-medical.net

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